Rischio Paese, volatilità, rallentamento economico e nuove regole di Solvency II, stanno portando le assicurazioni italiane a rivedere le politiche di investimento sul debito pubblico italiano. Secondo l’indagine di Goldman Sachs Asset Management, l’80% degli executive assicurativi italiani, considera l’euroscetticismo un grave rischio geopolitico per il proprio portafoglio. A causa di queste preoccupazioni e a seguito del picco di volatilità registrato dallo spread, le compagnie hanno mitigato il rischio attraverso una diversificazione geografica delle proprie esposizioni, riducendo gli investimenti nei titoli del debito sovrano italiano di circa il 5% nel 2018 e portando l’esposizione media sotto il 45%. La durata del portafoglio investito in titoli di Stato italiani è pari, in media, a 7 anni.
Interessante anche notare come l’esposizione in titoli di Stato da parte delle compagnie di assicurazione che operano in Italia sia comunque ancora tra le più alte in Europa: in Germania le compagnie tedesche detengono titoli governativi nazionali per una quota pari al 17% del portafoglio investito, in Francia il 32% e in Uk il dato si ferma al 19%.
Nell’ultimo decennio, anche la quota di titoli detenuti dagli investitori esteri si è pressoché dimezzata passando dal 50% del 2008 al 23% attuale.
Tuttavia, anche grazie alla recente correzione, le obbligazioni tricolori godono del rendimento più elevato tra quelle governative. Un BTp a dieci anni, infatti, paga il 2,7%, a fronte dello 0,9% dei Bonos spagnoli o dell’1,1% dei portoghesi. Se poi si guarda alle emissioni decennali dei paesi considerati più virtuosi, la remunerazione scende parecchio: il Bund è negativo (-0,1%) e l’Oat francese paga lo 0,3%. Solo il Treasury americano ha un rendimento superiore al 2% (negli Stati Uniti i tassi di interesse sono nella fascia tra il 2,25% e il 2,5%), ma presenta il rischio cambio, cioè è suscettibile al deprezzamento del dollaro contro l’euro.