Dove mettere i propri soldi?

I bond con rendimenti inferiori allo 0 valgono 13mila miliardi di dollari e sono un quinto del totale in circolazione.

Ieri il Bund a 10 anni ha toccato il minimo storico a quota -0,4% . Per trovare tassi positivi in Germania bisogna ormai spingersi sui titoli con scadenza a 20 anni.

In Francia, i tassi sono negativi fino a 10 anni. Stesso discorso per l’Austria e la Finlandia.

L’Irlanda, che un tempo veniva annoverata nell’acronimo dispregiativo dei “Pigs”, offre bond sovrani a tassi negativi fino a 9 anni.

Non lontani Portogallo e Spagna che viaggiano sottozero fino alla durata di 7 anni.

Quanto all’Italia, riceve soldi dagli investitori fino a scadenze biennali.

Tra i 19 Paesi che condividono l’euro al momento solo la Grecia non è ancora approdata nel mondo dei tassi sottozero pur potendo sfoggiare un rendimento molto basso sulla distanza a 10 anni (2%), inimmaginabile fino a qualche anno fa quando i tassi erano a doppia cifra.

In questo momento le banche pagano per parcheggiare la liquidità in eccesso presso la Bce. Mentre il tasso di riferimento (pagato dalle banche per prendere soldi a prestito dalla Bce a una settimana) è a zero.

Draghi: economia più debole. La Bce rinvia l’aumento dei tassi e discute di un nuovo Qe

L’ economia europea si è indebolita nel secondo e nel terzo trimestre dell’anno e questo giustifica una politica ultra-espansiva, tanto che la Bce evoca persino la ripresa del Qe. Lo ha detto Mario Draghi al termine della riunione del Consiglio direttivo. La Bce ha così rinviato l’aumento dei tassi di almeno sei mesi.

Non solo, ma in Consiglio si «è discusso di nuovi tagli dei tassi e di ripresa del Qe», il massiccio programma di acquisto titoli da 2.600 miliardi lanciato dalla Bce nel marzo 2015 e terminato a fine 2018.

Questo perché «i rischi per le prospettive di crescita nell’area dell’euro restano orientati al ribasso per via delle persistenti incertezze connesse a fattori geopolitici, alla minaccia del protezionismo e alle vulnerabilità nei mercati emergenti».

Il Consiglio si attende che i tassi di interesse si mantengano su livelli pari a quelli attuali almeno «fino alla prima metà del 2020» (il termine prima era stato fissato a fine 2019) e in ogni caso finché sarà necessario «per assicurare che l’inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine».

Draghi prepara nuovi stimoli: ripresa del Qe e taglio dei tassi

Mario Draghi ribadisce e rafforza: la Bce è pronta a intervenire con tutti gli strumenti a sua disposizione se l’inflazione resterà al di sotto degli obiettivi. Strumenti che includono nuovi acquisti di titoli di Stato, finanziamenti a basso costo alle banche e persino un taglio dei tassi di interesse.

«Il programma di acquisto di asset ha ancora uno spazio considerevole», ha detto il presidente della Bce a Sintra in Portogallo. «Ulteriori tagli dei tassi e misure per mitigare qualsiasi effetto collaterale continuano a far parte degli strumenti a nostra disposizione». «In assenza di un miglioramento, al punto che sia minacciato il ritorno di un’inflazione sostenibile ai livelli desiderati, sarà necessario un ulteriore stimolo», ha aggiunto Draghi nel suo discorso.

PERCHÉ AL RIALZO DEI TASSI LE OBBLIGAZIONI PERDONO VALORE

Supponiamo di aver appena acquistato un’obbligazione che costa 100 (obbligazione ‘A’), dura un anno e riconosce un interesse dell’1%. Fra un anno noi ritireremo il nostro capitale pari a 100 e l’1% di interesse; per un ammontare pari a 101.

Supponiamo che un attimo dopo aver comprato l’obbligazione ‘A’, venissero alzati i tassi di interesse all’2% annuo. Ora se acquistassimo un’ipotetica obbligazione ‘B’ ritireremmo fra un’anno 100 più il 2%; per un ammontare pari a 102.

Se volessimo rivendere subito l’obbligazione ‘A’ non troveremmo nessuno che ce la compra restituendoci i 100 da noi pagati; la ragione è che dopo un anno incasserebbe 101 e quindi maturerebbe un interesse dell’1% quando ormai i tassi di interesse sono stati portati al 2%.

L’unico modo per rendere appetibile l’obbligazione ‘A’ sarà dargli il valore corretto abbassandogli il prezzo in modo che a scadenza renda il 2% che è il corrente tasso di interesse attuale.

Lasciatemi passare alcune semplificazioni.

Tassi Usa…

Dopo 9 rialzi consecutivi (da dicembre 2015 a dicembre 2018) la Fed si prepara a fare marcia indietro e a tagliare i tassi di interesse.
Oggi i Fed funds sono al 2,25% e da qui a 12 mesi dovrebbero attestarsi all’1,5%. Si ottiene questa “previsione” osservando i due indicatori : i contratti swap a 12 mesi sui tassi Usa e i future sui Fed funds. Entrambi giungono alla stessa conclusione.

Da entrambe le direzioni i due indicatori prospettici danno lo stesso messaggio: entro giugno 2020 la Federal Reserve porterà il costo del denaro all’1,5%.
È questo lo scenario oggi ritenuto più probabile (30%) rispetto all’ipotesi ancor più espansiva (quattro tagli) che comunque non è del tutto da escludere (28%).
Mentre più “attardato” pare lo scenario da “appena” due strette (17%).

Il cambio di direzione è avvenuto a gennaio quando per la prima volta il governatore Jerome Powell ha aperto alla “prudenza” allontanando l’ipotesi
(che a dicembre invece andava per la maggiore) di almeno un altro rialzo dei tassi nel 2019.
Settimana dopo settimana il cambio di direzione si è fatto più marcato sino ad arrivare adesso. Prossimo consiglio direttivo della Fed, 19 giugno.

In ogni caso si tratta di una profonda marcia indietro da parte degli Usa, intensificata dal rallentamento dell’inflazione e dal deterioramento di alcuni dati macro.
Ancora una volta la Federal Reserve si rivela apripista nel tracciare la politica monetaria globale, certamente con più armi rispetto alla Bce che rischia di trovarsi con meno munizioni (avendo i tassi ancora a “0”) nel dover affrontare la prossima recessione o, più semplicemente, il rallentamento in atto della crescita.