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I Btp, i Buoni del Tesoro Poliennali

I Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) sono titoli di debito (obbligazioni) a medio-lungo termine emessi dal Dipartimento del Tesoro (Ministero dell’Economia e delle Finanze).

Ogni Btp ha cedole che vengono pagate due volte all’anno. Per esempio, se un Btp rende il 5% pagherà ogni sei mesi una cedola del 2,5%.

I Btp possono avere diverse durate: si va da un minimo di 3 anni a un massimo di 50 anni, i più comuni sono quelli a 5, 7 e 10 anni.

Il rendimento del Btp è dato da un lato dal tasso fisso della cedola e dall’altro dal rapporto tra il prezzo al quale il titolo viene emesso e quello effettivo di rimborso.

In generale i titoli di debito sono emessi da Aziende o Paesi che hanno necessità di raccogliere liquidità sui mercati per avviare investimenti o per coprire debiti precedentemente contratti. In sostanza, gli investitori prestano denaro all’emittente a fronte della promessa della restituzione del capitale con in più un interesse (calcolato sulla durata del prestito e sull’affidabilità dell’emittente) a una data prestabilita.

L’investimento finanziario, per cominciare

Chiunque investe, sposta in là nel tempo potere d’acquisto.

L’investimento è quindi il procedimento con cui ognuno di noi sposta nel tempo le disponibilità che ha, rinunciando a consumarle oggi in vista di un consumo futuro.

Nel momento in cui decido un investimento (attività finanziarie, immobili, gioielli, cavalli…) vado comunque incontro ad una incertezza, al rischio che il rendimento ex ante che prevedo per il mio investimento, in realtà a posteriori non venga raggiunto.

Questa incertezza è definita proprio come rischio dell’investimento. Gli investimenti più rischiosi sono quelli nei quali è più difficile prevedere il rendimento ex ante, perché gli elementi che compongono il rendimento sono maggiormente soggetti a future variazioni di valore. Così in ambito finanziario l’investimento a maggior rischio è tipicamente l’azione, mentre quello a minor rischio è solitamente il titolo di stato zero coupon di breve durata.

Nell’anno 2011 sono nati i Pigs: Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, subito dopo i Piigs: Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna.

Aprile 2019… BTp: lo spread con i Piigs si è allargato, la Grecia incombe e i rendimenti dell’Italia non calano

Da gennaio 2019 la Bce ha smesso di comprare titoli di Stato dei Paesi europei. Già nel 2018 aveva ridotto gradualmente gli acquisti. Eppure, nonostante questo, tutti i titoli di Stato dei Paesi un tempo chiamati con l’acronimo Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) hanno registrato un calo dei rendimenti nell’ultimo anno. Tutti tranne uno: l’Italia. (TRADUZIONE: I RENDIMENTI SCENDONO QUANDO I PAESI SONO PIÙ’ SICURI)

Qui sotto i rendimenti attuali (aprile 2019) dei titoli obbligazionari a 5 e 10 anni dei PIIGS.

Portogallo 5 anni: 0,158%
Portogallo 10 anni: 1,201%

Irlanda 5 anni: -0,061%
Irlanda 10 anni: 0,592%

Italia BTP 5 anni: 1,610%
Italia BTP 10 anni: 2,580%

Grecia 5 anni: 2,205%
Grecia 10 anni: 3,286%

Spagna 5 anni: 0,045%
Spagna 10 anni: 1,083%

Da PIIGS a IG, che delusione.


La più virtuosa oggi come allora è la Germania con un rendimento del BUND a 5 anni pari allo -0,375% e a 10 anni pari allo 0,057%.

Avete capito cos’è lo SPREAD?
Lo SPREAD tra BTP (titolo obbligazionario italiano a 10 anni) ed il BUND (titolo obbligazionario tedesco a 10 anni) è pari a 2,580-0,057= 2,5%.

Spread

Lo spread è un indice utilizzato come parametro di riferimento per poter determinare la stabilità economica di un Paese in correlazione con il contesto internazionale.
Lo spread denota il differenziale di rendimento dei titoli di stato decennali italiani, i BTP, e quelli tedeschi, detti Bund. Lo spread viene misurato in “punti base”, ogni punto base è un centesimo di punto percentuale.

Il rendimento di uno Stato viene essenzialmente percepito come la misura della sua stabilità, un rendimento basso identifica un paese in grado di ripagare facilmente i suoi debiti, mentre un rendimento elevato equivale a una situazione di incertezza.

Il rendimento del titolo Italia BTP a 10 anni è pari al 2,580%, il rendimento del titolo Germania Bund a 10 anni è pari allo 0,057% –> spread 258-5,7 circa 250pb

Rendimento? No grazie. Premio per il rischio. Premio per il… rischio buono!

Il rischio legato agli investimenti finanziari può essere un rischio “cattivo” oppure un rischio “buono”.
Il rischio buono è quello che consente all’investimento finanziario di avere un corretto rendimento nel tempo. Quindi è un rischio che vale la pena di assumersi. Il rischio cattivo si riconosce facilmente. Ogni investimento in un singolo titolo, di uno specifico emittente, anche quando  porta un nome conosciuto è esposto al rischio di default, al rischio di fallimento, di perdita totale del capitale investito. Non vale mai la pena di assumersi questo rischio in dose tale da rendere devastante per il nostro capitale. A meno di non voler diventare imprenditori e non semplici investitori.

Se poi la sua azione cresce di prezzo, la tentazione sarà ancora più forte. Ma il rischio che ci assumiamo è intollerabile. E questo vale anche per le obbligazioni emesse da una società o da una banca. Insomma è facile: non bisogna mai investire, concentrando le risorse, nel singolo titolo azionario o obbligazionario perché è un rischio “cattivo”. Il rischio buono, invece, è quello che è legato ad investimenti in paesi, aree geografiche, un insieme di settori, dove l’investimento è molto diversificato in centinaia di titoli di emittenti diversi. È rischio buono perché non è presente il rischio di perdita del capitale investito. È rischio buono perché, nel corretto orizzonte temporale, il capitale finale sarà superiore al capitale inizialmente investito. Nel breve periodo, però, i mercati finanziari hanno il compito quotidiano di dare un prezzo ai titoli. Nel breve periodo i prezzi oscillano, cercando di orientarsi nella corretta direzione, ossia il valore dell’insieme delle iniziative economiche quotate. Quando investiamo in modo diversificato vediamo delle oscillazioni attorno ad un percorso che tende a salire. Queste oscillazioni sono il rischio che corriamo. Se il nostro orizzonte temporale di investimento è lungo, le oscillazioni negative sono compensate da quelle positive e nel tempo rimane la progressiva crescita del capitale investito. Si comprende subito perché in precedenza abbiamo ricordato quanto sia importante, cruciale, avere chiaro il nostro orizzonte temporale di investimento.

Un investimento non è una scommessa. Le scommesse possono essere vinte o perse. Ma con i nostri soldi, frutto di sacrifici e destinati ad importanti obiettivi di vita, non possiamo permetterci il lusso di giocare, non possiamo effettuare scommesse. L’investimento è dunque un’operazione, non banale, ovviamente, che DEVE essere costruita in modo che siano soddisfatti i due obiettivi essenziali: la protezione del capitale ed un soddisfacente rendimento. In un certo senso, un investitore deve vincere sempre, considerando ragionevoli obiettivi di rendimento nel tempo. Un investimento non garantisce un rendimento costante nel tempo. I mercati oscillano e dunque altrettanto farà il valore periodico di un patrimonio investito in mercati finanziari diversificati. Valutato nel corretto orizzonte temporale, però, un investimento è un percorso che porta progressivamente il capitale investito a crescere.

I mega trend

I mega trend che condizioneranno il mondo sono 5: i cambiamenti demografici: la popolazione aumenta e invecchia; la crescente urbanizzazione, le persone si trasferiscono nelle città e l’ONU prevede che nel 2020 le megalopoli saranno 120, contro le 37 attuali; i cambiamenti tecnologici che stanno stravolgendo il mondo e l’economia; i Paesi emergenti con la loro nuova classe media che consuma e investe e i cambiamenti climatici e sociali. Investire in questi mega trend attraverso fondi comuni di investimento, può offrire rendimenti interessanti.

Borse, quanto manca per rivedere i massimi? A Wall Street l’1%, a Milano il 130%, al Giappone 30 anni

Se alla Grecia il record manca da 20 anni all’Italia ne mancano 19. In pochi forse lo ricordano, ma il 6 marzo del 2000 l’indice delle blue chip milanesi valeva 50.108 punti. Oggi, nonostante il +19% messo a segno da inizio anno, siamo poco sotto i 22mila: dovrebbe risalire del 129% per ritornare alla massima espressione.
Russia, Brasile e Svizzera hanno aggiornato tra marzo e aprile di quest’anno i loro massimi.

Blockchain

Tutti ne hanno sentito parlare. Ma poi se si va a vedere meglio in abito business, la maggioranza delle imprese ammette di saperne ancora poco e solo una minoranza non superiore a un terzo è consapevole della sua rilevanza come abilitatrice di nuove applicazioni business.

Sono queste carenze di conoscenza che alla fine sono alla base della convinzione che la tecnologia alla base delle criptovalute avrà impatto limitato o addirittura nullo sulla propria attività e della scarsa attuazione di progetti concreti.

Millennial, tre su quattro vorrebbero l’educazione finanziaria a scuola

Una ricerca di Skuola.net mostra la scarsa conoscenza che i ragazzi hanno dei più elementari concetti economici, ma in tanti chiedono corsi ad hoc a scuola

Come gestiscono i propri soldi i nostri ragazzi? Praticamente al buio, ma in loro c’è il desiderio di far luce. Solamente il 23% dei ragazzi intervistati ha un conto corrente, ma tre su quattro vorrebbero che l’educazione finanziaria rientrasse nel piano didattico delle scuole.

dati sul sapere non sono una novità: le classifiche ci collocano agli ultimi posti in Europa per la conoscenza delle nozioni di economia più elementari.

Carte di credito e carte di debito.

Pessimo, ad esempio, è il rapporto che gli adolescenti hanno con gli strumenti di pagamento più diffusi. Quasi tutti confondono il funzionamento delle carte di credito con quello delle carte di debito (e viceversa): per più di 7 ragazzi su 10, infatti, quando si effettua un pagamento con la carta di credito, i soldi vengono prelevati subito dal conto corrente, mentre con la carta di debito il prelievo delle somme viene effettuato dopo un po’ di tempo. Peccato che sia esattamente il contrario e che solo il 28% dà la risposta corretta.

Bitcoin

Le uniche cose su cui gli studenti vanno quasi a colpo sicuro sono quelle di cui si parla frequentemente. Se, ad esempio, gli si chiede cosa sia il Bitcoin il 68% sa che è una moneta virtuale, utilizzata soprattutto su Internet (ma il 16% sostiene che sia la moneta in cui viene convertito l’Euro quando si paga online). Ancora meglio se gli si chiede cosa sia la Banca d’Italia: oltre l’80% dei ragazzi risponde correttamente che si tratta della banca centrale italiana, quella che controlla le altre banche (ma c’è comunque un 19% che pensa sia un normale istituto bancario, del tutto uguale agli altri).

Il quadro, come visto, è abbastanza allarmante. E pensare che basterebbe poco per invertire la tendenza. La scuola il luogo più adatto per ripartire. Perché sono ancora troppi gli istituti che latitano: solamente il 16% dei ragazzi dice che alcune ore della didattica sono dedicate all’educazione finanziaria; il 26% ha svolto qualche rara lezione; ma il 58% non ha mai affrontato l’argomento in classe. La voglia di approfondire questi temi, però, è molto più diffusa e coinvolge tre quarti degli studenti: per il 47% l’educazione finanziaria dovrebbe rientrare nella normale didattica e un altro 28% vorrebbe che la scuola istituisse dei corsi (ma facoltativi) in materia.

Nel 2019 scade il copyright di molti capolavori del ‘900

Nel 2019 scade il copyright di molti capolavori del ‘900

Nuova vita nel 2019 per molti giganti della creatività del Novecento: il 1° gennaio i libri di celebri autori, da Thomas Mann a Marcel ProustAgatha Christie e D.H. Lawrence, ma anche “I Dieci Comandamenti” di Cecil B. DeMille, “Il Pellegrino” di Charlie Chaplin e le composizioni di Bela Bartok, entreranno nel pubblico dominio. Migliaia di opere perderanno le protezioni legali che finora le avevano agganciate a case editrici ed eredi a colpi di royalties da diritti di autore e controllo creativo: permetterà, tra l’altro, di creare nuove opere basate sui classici senza che i nuovi autori diventino bersaglio di cause legali per violazione del copyright.